Fonte: abruzzoweb.it
L’AQUILA – Dare lavoro a 200 persone all’Aquila è l’obiettivo del call center della società Moxie, insediata nel Tecnopolo d’Abruzzo, che gestisce delle commesse outbound, ovvero chiamando clienti acquisiti e potenziali, di marchi importanti come Sky ed Eni.
Per Stefano Procopio della società Moxie, che lavora nel capoluogo da dieci anni, la scelta di restare “anche dopo momenti difficilissimi come il terremoto del 2009, testimonia la nostra fiducia in un territorio che offre grande professionalità nel nostro settore”.
“Da Rotilio Center – spiega ad AbruzzoWeb – ci siamo spostati nel Tecnopolo per una questione di espansione e di visibilità. Il nostro impegno economico non è indifferente, ma è un motivo di orgoglio in più. Vuol dire che crediamo nelle prospettive di lavoro in città”.
Tecnopolo, espansione e visibilità, tre elementi chiave “in un quadro di rinascita” e in uno spazio, appunto quello nello storico polo elettronico in periferia Ovest, che offre 45 mila metri quadrati di stabili a destinazione industriale e per uso ufficio, 175 mila scoperti comprensivi di 21 mila metri quadrati di parcheggi, per un totale di 1.273 posti, con locali disponibili che hanno dimensioni che variano dai 300 ai 5 mila metri quadrati.
Sul fronte del suo settore di appartenenza, Procopio risponde a chi muove delle critiche anche feroci nei confronti di chi dà lavoro nei call center che vendono prodotti, in un momento in cui, tra l’altro, sembra non fermarsi la delocalizzazione all’estero.
“Si tratta di un lavoro complesso, certo c’è pure molta flessibilità nei contratti, ma molti non sanno che riusciamo a offrire delle opportunità a chi, per motivi personali, può lavorare soltanto poche ore e ha bisogno di gestirsi con meno ‘lacci’ – rimarca – Da noi c’è lo studente che vuole guadagnare qualcosa, ma anche chi, per ragioni familiari, non può lavorare diversamente ma, al tempo stesso, deve mettere in tasca qualche soldo”.
“E poi – prosegue – qui si investe parecchio nei lavoratori che, ovviamente, almeno nei primi periodi non riescono ad essere produttivi. Meno si vende, meno si viene pagati, è così che funziona”.
“A me, personalmente, l’idea di andare altrove non è mai piaciuta”, conclude. (r.s.)